Spesso, quando si chiede una riforma nel campo dell'allevamento, o si chiede ai cittadini di consumare meno carne, ci si sente rispondere col ricatto dei "posti di lavoro" a rischio. In realtà la vera minaccia per l'occupazione proviene proprio dal sistema di allevamento intensivo, che riduce il numero delle piccole imprese a favore di quelle più grandi, che richiedono meno manodopera.
In Italia, solo alcuni allevamenti di razze bovine o ovine autoctone, o di vacche da latte, è di proprietà degli allevatori stessi.
La maggior parte degli allevatori lavora in soccida (non possiede cioè gli animali che alleva). Il 90% dei maiali sono allevati in questo modo e il pollame è di proprietà di pochi grandi industriali che sono anche proprietari di tutta la filiera produttiva.
Dato che il guadagno con questo genere di lavoro non è molto elevato, spesso gli allevatori hanno un secondo lavoro, e questo fa sì che il tempo che dedicano alla cura degli animali sia troppo esiguo, e gli animali vengano spesso lasciati sporchi e senza cure.
L'accentramento della proprietà si verifica perché, in questa forma di allevamento industrializzato, i costi dei macchinari e della loro manutenzione sono molto alti, e quindi i piccoli proprietari sono costretti a vendere le loro stalle ai grandi proprietari, diventano manodopera salariata. Oltretutto, questo modello di allevamento necessita di pochissima manodopera, perché è tutto automatizzato, e questo è un danno sia per i lavoratori che per gli animali, perché diventano più rari i momenti in cui gli allevatori sono in contatto con loro. Spesso capita infatti che nessuno si accorga del malessere di un animale prima che sia troppo tardi, e molte volte l'animale viene trovato morto senza che nessuno si fosse accorto prima che stava male.
Esistono delle holding proprietarie di allevamenti, mangimifici, impianti di macellazione e catene di distribuzione nonché, spesso, di industrie farmaceutiche. Alcuni esempi sono l'Inalca, quotata in borsa, e i gruppi Veronesi (AIA) e Amadori.
Tutto il sistema di agricoltura e allevamento è governato dalle multinazionali della chimica. Per gli allevamenti intensivi sono necessari cereali e leguminose: i semi di queste piante, ibridi, devono essere acquistati ogni anno da poche multinazionali.
Per la loro coltivazione sono usate varie sostanze chimiche, erbicidi, fitofarmaci, concimi, prodotti per la maggior parte dalle stesse industrie.
Agli animali vengono somministrate elevate quantità di farmaci: quelli legali, come gli antibiotici, e quelli illegali, come gli anabolizzanti, oltre a svariate sostanze chimiche come integratori, coloranti, appetizzanti, sempre provenienti dalle stesse industrie chimico-farmaceutiche.
Dopo la macellazione degli animali, i prodotti a base di carne vengono insaporiti con altre sostanze chimiche. L'industria chimica influenza dunque tutta la filiera agro-zootecnica.