(Sintesi tratta, con il consenso dell'autore e dell'editore, dal libro: "Le fabbriche degli animali: 'mucca pazza' e dintorni", E. Moriconi; Ed. Cosmopolis, 2001 - pagg. 111-118)
Il problema dei residui zootecnici nasce insieme agli allevamenti "senza terra". Nell'allevamento tradizionale, infatti, gli escrementi animali erano conglomerati con la paglia a formare il letame, utilizzato come fertilizzante. Con gli allevamenti "senza terra", invece, sono aumentati i reflui allo stato liquido, definiti liquami, miscela di deiezioni animali e acqua di lavaggio. Essendo il loro contenuto in sostanza secca inferiore al 10% non si prestano molto bene all'utilizzo per la fertirrigazione, in quanto è troppo scarso il loro apporto in elementi nutritivi. Sono però altamente inquinanti, perché ricchi di azoto, fosforo e potassio.
Anche i farmaci, somministrati agli animali, possono passare nell'ambiente con i reflui e residuare nei suoli, nei vegetali, nelle acque e quindi negli alimenti di cui si ciba l'uomo, come le verdure o le derrate ittiche.
La quantità di feci prodotta dagli animali è molto elevata e si può verificare semplicemente rapportando il loro peso con quello del corpo.
Vediamo così che una vacca da latte in produzione emette, in un anno, feci pari a trenta volte il proprio peso, un vitello pari a 25 volte, una scrofa a 15 volte. Ancora più elevati sono i valori delle piccole specie come polli o conigli (fino a 40 volte il proprio peso). Parimenti è molto significativa la quantità totale di azoto, fosforo e potassio immessa nell'ambiente, ogni anno.
Si capisce perciò come diventi fondamentale il sistema di smaltimento di questi liquami. A tutt'oggi la soluzione economicamente più vantaggiosa per lo smaltimento resta lo spandimento sui terreni agricoli, anche quando hanno un basso apporto nutritivo. Si deve quindi parlare di un vero e proprio impatto ambientale delle aziende zootecniche intensive, in Italia e nel resto del mondo: si pensi che oggi negli USA la maggior fonte di inquinamento organico delle falde acquifere è proprio il materiale organico che esce dalle stalle.
Le procedure di smaltimento dei liquami sono regolate dalla legge, ma è molto difficile verificare il rispetto delle diverse capacità di assorbimento dei terreni, perché la superficie necessaria all'azienda può essere affittata o asservita: in questo modo, le aziende che non dispongono del terreno necessario in rapporto agli animali allevati (caso frequente negli allevamenti industrializzati o intensivi, detti "senza terra"), possono stipulare dei contratti di affitto o asservimento con diversi proprietari di terreni. Questo sistema può però prestarsi a frodi: lo stesso terreno potrebbe essere utilizzato per più allevamenti; le attività di controllo rispetto a questa eventualità sono oggi tanto scarse quanto difficili. Tali difficoltà rendono inoltre possibile l'effettuazione di svuotamenti irregolari, purtroppo frequenti, anche nei corsi d'acqua e sempre in momenti in cui è improbabile subire un controllo, come nei giorni festivi o nelle ore notturne, oppure in occasione di piogge intense e durature; il tutto con danni difficilmente quantificabili per l'ecosistema dei corsi d'acqua superficiali.
Un altro punto negativo è la pratica frequente di utilizzare per lo spandimento le coltivazioni arboree, come i pioppeti, perché, anche se l'eventuale eccesso di liquami non crea conseguenze negative per le piante, esso favorisce il ruscellamento e la confluenza dei liquami nei corsi d'acqua superficiali proprio per l'impossibilità fisica del terreno ad assorbirli.
In condizioni di fertilizzazione normale, il materiale organico, nei sistemi di lavorazione naturale del terreno, rimane nel suolo e viene decomposto dai microrganismi ivi presenti e convertito in un complesso di composti organici: l'humus. Quest'ultimo è essenziale in quanto controlla la ritenzione ed il movimento dell'acqua nel terreno contenendo così le strutture stesse del suolo.
I microrganismi mineralizzano le sostanze organiche con produzione di nitrati, fosfati e sali di potassio. A causa della complessità dei meccanismi che lo producono, il complesso minerale nutritivo è rilasciato gradualmente, secondo le naturali richieste delle piante.
Quando invece il contenuto in sostanza organica è basso, come nel caso tipico del trattamento con liquami, la fertirrigazione, ovvero la concimazione con i liquami, apporta facilmente minerali in eccesso (azoto, fosforo e potassio) rispetto alle richieste fisiologiche delle piante ed alle capacità di ritenzione del terreno.
Il conseguente inquinamento determina serie conseguenze per la qualità delle acque potabili, con rischi per la salute umana. Innalzamenti dei nitrati nelle acque di falda sono stati registrati in Francia, Olanda, Regno Unito, Germania. Elevati contenuti di azoto nel suolo possono tradursi in eccessive concentrazioni di nitrati nei vegetali, soprattutto ortaggi, con conseguenti rischi per i consumatori; infatti i nitrati si possono unire alle ammine a livello dello stomaco e formare nitrosammine, riconosciute come sostanze cancerogene. Occorre sottolineare, a questo proposito, che in Germania sono già in vendita, per i consumatori, cartine rivelatrici di un troppo elevato contenuto di nitrati nel cibo, soprattutto vegetali.
Tra i fattori che peggiorano, in Italia, il problema della dispersione dei reflui zootecnici, vi è la concentrazione degli allevamenti in aree ben definite, Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna e il Triveneto.
Un modo di presentare le problematiche relative allo smaltimento delle deiezioni è quello di calcolare il carico equivalente, ovvero trasformare il numero di animali in quello equivalente di popolazione umana che produrrebbe lo stesso livello di inquinamento. Così, ad esempio, si può dire che gli animali allevati in Piemonte corrispondono ad un surplus di popolazione equivalente a 24 milioni di persone, in Lombardia l'equivalenza sarebbe di 30 milioni, 17 milioni in Emilia Romagna e sempre 17 in Veneto. In totale, in Italia, gli animali equivalgono ad una popolazione aggiuntiva di 137 milioni di cittadini, cioè più del doppio del totale della popolazione.
E' stato anche calcolato che in Italia gli animali allevati producono ogni anno 19 milioni di tonnellate di reflui, il 59% dei quali, pari a 11,2 milioni di tonnellate, finiscono nel Mar Adriatico.
Infine, non si deve dimenticare che, attraverso i reflui, passano nell'ambiente anche i resti dei farmaci assunti dagli animali che influiscono sulla vita dei vegetali, del suolo e dei consumatori stessi.