Gli anabolizzanti e le altre sostanze chimiche nel cibo

Gli anabolizzanti e le altre sostanze chimiche nel cibo

(Sintesi tratta, con il consenso dell'autore e dell'editore, dal libro: "Le fabbriche degli animali: 'mucca pazza' e dintorni", E. Moriconi; Ed. Cosmopolis, 2001 - pagg. 130-142)

Le cosiddette "tecnologie dure" sono un affare altamente conveniente per un certo numero di persone, a partire dai produttori dei principi attivi e chi li pone in commercio. Un calcolo economico, seppur approssimativo, dimostrerebbe un giro d'affari simile a quello del traffico di droga per uso umano, valutabile in centinaia di milioni o forse anche miliardi di euro.

Anche per gli allevatori vi è un tornaconto, poiché gli animali hanno un accrescimento più rapido ed utilizzano meglio il mangime somministrato, per cui ottengono maggiori pesi con minor spesa.

La somministrazione ufficialmente permessa di molecole comunque pericolose, imposte di fatto ai cittadini, sembra un atteggiamento autoritario più attento agli interessi dei produttori che non alla salute, soprattutto perché si tende a giustificarne l'impiego sulla base di prove sperimentali, quando si sa che l'uso in pratica è molto diverso. I produttori, infatti, sono propensi a credere che una sostanza più è abbondante più produce ricavo e quindi tenderanno a utilizzare quantità in eccesso rispetto alle indicazioni. La somministrazione di molecole anabolizzanti pone poi i problemi delle sinergie con altri residui, anche involontari, assunti quotidianamente dalle persone, che agiscono sugli stessi organi bersaglio, causando un accumulo difficilmente valutabile. Accumulo che sarebbe ancora più accentuato nel caso, sempre possibile, che i consumatori per un qualunque motivo fossero sotto cura con prodotti ormonali. Esempi in tal senso si possono fare pensando ad individui in stadio pre-tumorale, alle donne in gravidanza, bambini, ammalati, anziani, ecc.

Da tempo si assiste ad una specie di competizione tra chi utilizza le sostanze proibite e chi deve impedirne l'uso; competizione in cui entrano in gioco diversi fattori, tra i quali vanno annoverati non solo l'esperienza delle società chimiche produttrici delle molecole anabolizzanti, che si affina progressivamente e permette di proporre sempre nuove molecole, difficilmente individuabili dai laboratori ufficiali, ma anche la perenne scarsità di mezzi economici e di personale dei laboratori ufficiali stessi.

Ad esempio, per quanto riguarda i beta agonisti, i laboratori riescono ad individuarne solo una ventina, mentre nel circuito clandestino ne circolano oltre ottanta. A ciò si devono aggiungere le sofisticazioni dei trattamenti. Si fa ricorso, ad esempio, nel caso degli ormoni sessuali, a cocktail bilanciati che garantiscono l'effetto finale ma mantengono, per ogni singola sostanza, un livello al di sotto della soglia di rilevabilità delle analisi.

Un altro sistema usato è la preparazione di molecole speciali, i dimeri, ottenuti dall'accoppiamento di due molecole uguali di beta agonisti: in questo caso i reagenti, cioè le sostanze che nelle reazioni chimiche si combinano con il principio da rilevare e ne permettono l'identificazione, non sono più in grado di svolgere la loro funzione e quindi il trattamento non viene scoperto.

Se i residui vengono assunti dalle persone, ci sono dei rischi?

A questa domanda non è semplice rispondere, poiché è troppo facile e corretto dire sì, ma bisogna poi spiegare perché non si vedano delle conseguenze immediate sui consumatori. Come noto, la tossicità, cioè la capacità di causare intossicazione da parte di sostanze estranee, viene suddivisa in quattro categorie principali, definite tossicità acuta e cronica, cancerogenesi e teratogenesi. La forma acuta è quella che si riscontra immediatamente dopo l'assunzione del cibo contaminato, quella cronica darà la forma patologica dopo assunzioni prolungate nel tempo, mentre la cancerogenesi, cioè la capacità di mutare le cellule e di dare inizio a forme di cancro o quella (teratogenesi) di alterare le cellule seminali e quindi di far nascere dei figli con deformazioni, si vedono solo effettuando studi e controlli epidemiologici. Se utilizziamo queste categorie per le sostanze di tipo anabolizzante, ormonali o non ormonali, vediamo che la forma acuta si riscontra assai raramente, poiché solitamente il consumatore è più soggetto a introdurre piccole dosi prolungate nel tempo.

Queste sostanze possono dare forme patologiche a origine complessa (cancerogenesi, teratogenesi) ma, come noto, mancano in Italia seri studi epidemiologici per cui è difficile risalire dalla forma patologica alla causa prima che l'ha originata. Tuttavia vi sono molteplici riscontri scientifici che dimostrano la pericolosità degli anabolizzanti per la salute umana.

Gli ormoni della sfera sessuale, precedentemente elencati, possono creare problemi di tossicità cronica alle persone. I testi scientifici, a questo proposito, indicano come potenziali pericoli infarti, embolie, conseguenze alla sfera sessuale per gli adulti maschi e per le donne in età fertile, nonché la possibilità di ritardi di crescita nei bambini.

L'alimentazione degli animali

Oltre ai pericoli derivanti dalla somministrazione di sostanze chimiche, un punto critico è rappresentato in complesso dall'alimentazione degli animali, trasformatasi, con l'avvento dell'agricoltura scientifica, in modo radicale.

Le linee di indirizzo sono proprio quelle del maggior risparmio possibile agendo sulla leva più facilmente individuabile: il risparmio sulla materia prima. Sfruttando la grande capacità degli animali di non rifiutare praticamente nulla di quanto viene loro somministrato, ecco che gradatamente, ma in maniera abbastanza spedita, si va a sostituire parti consistenti della dieta con materie prime di minor valore. Si può dire che abbiamo trasformato i nostri animali d'allevamento in grandi trita rifiuti e basta sfogliare i testi di alimentazione del bestiame per leggere un vero vocabolario di rifiuti sia vegetali sia di altro genere.

Alimenti di recupero, provenienti dalle più disparate produzioni, regolarmente permessi sono infatti: residui industriali di agrumi, alghe marine essiccate, residui di semi sgusciati di anacardi, semi e residui della lavorazione delle arachidi, farina sgrassata di carne di balena, banane essiccate e sfarinate, polpa e residui di barbabietola da zucchero, sottoprodotti della lavorazione della birra, bucce di cacao, farina di carne con ossa, lieviti da petrolio, farine di sangue, siero di latte, scarti essiccati di uova, urea, semi disoleati di uva, zucchero, e molto, molto altro.

L'animale è diventato il terminale ultimo delle lavorazioni di diverse linee di produzione, quando i resti non più utilizzabili diversamente finiscono nell'alimentazione, garantendo così un duplice guadagno: ai produttori, che ricavano ancora un introito da residui che probabilmente richiederebbero un investimento per lo smaltimento, e ai produttori di mangimi che acquistano a basso prezzo una materia prima da mescolare con le altre.

Un fattore che sembra ugualmente emergere dalla quantità dei rifiuti somministrati è che, per allevare la grandissima quantità di animali che oggi giorno manteniamo, sia pressoché indispensabile ricorrere a tutte le possibilità offerte, in quanto, se queste fossero tolte dalla catena alimentare, probabilmente sarebbe necessario diminuire il numero degli animali allevati. Le sostanze di derivazione animale, dopo le vicende e i divieti conseguenti allo scandalo della "mucca pazza" non dovrebbero più essere permesse, ma il condizionale è d'obbligo perché la possibilità di guadagnare con l'illegalità è sempre una grande tentazione alla base dei comportamenti illeciti. Altre considerazioni in merito riguardano il problema dei residui chimici legati a queste sostanze, in quanto molte di esse sono resti di lavorazioni industriali, ad esempio i semi disoleati, nella cui lavorazione entrano in maniera fondamentale le sostanze chimiche, proprio per l'estrazione degli olii.

Come si può essere sicuri che questi non rimangano nelle sostanze che vengono poi somministrate agli animali e di lì finiscano sulle tavole dei consumatori?

Gli antibiotici

Oltre ai sottoprodotti e alle materie prime (mais, soia, frumento, altri cereali) entrano nell'alimentazione animale molti integratori che sono la parte più preoccupante. Tra gli ingredienti utilizzati troviamo antibiotici (per mangimi medicati, integratori medicati, auxinici); alcali e acidi composti azotati non proteici o altri prodotti farmaceutici di sintesi, urea, aminoacidi di origine sintetica, sostanze coloranti, conservanti, appetizzanti, elementi minerali.

Si è detto che l'allevamento industriale sarebbe impossibile senza la somministrazione di antibiotici, ed infatti questi entrano nella dieta pressoché quotidiana di tutti gli animali sotto forma di mangimi medicati, integratori medicati e per prevenire le forme patologiche ed anche come auxinici. La stessa OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) dichiara - con preoccupazione - che più del 50% degli antibiotici prodotti in Europa (10.000 tonnellate) è utilizzato per gli animali.

A questo proposito il Center for Diseases Control and Prevention stima che il campylobacter causi, per la resistenza all'antibiotico indotta da questo uso indiscriminato, almeno 500 morti l'anno negli Stati Uniti e 8 milioni di casi di indigestione e dissenteria.

Informativa sui cookie